Il termine "Piacenziano" indica un periodo geologico appartenente al Pliocene (tra 5,3 e 1,8 milioni di anni fa) di cui le aree della Riserva costituiscono lo stratotipo di riferimento. Fu il geologo svizzero Karl Mayer nel 1858 a coniare il termine "Piacenziano" per indicare le argille azzurre che, nel piacentino come in altre località europee, testimoniano di un'età in cui terre oggi emerse erano fondali marini popolati addirittura da balene.
E' sorprendente constatare l'eccezionale concentrazione di molluschi fossili imprigionati nelle pareti argillose oppure disseminate sul fondo dei torrenti che scorrono nelle aree della Riserva. La presenza di un gran numero di piccole conchiglie è riscontrabile addirittura nei grandi blocchi di arenaria gialla utilizzati per la costruzione della romanica Collegiata di Castell'Arquato, situata nella piazza alta del paese. Questi calanchi tuttavia non nascondono solamente piccoli molluschi, come testimonia il ritrovamento di un cranio di balenottera avvenuto nei pressi di Montezago nel 1983, oppure quello di uno scheletro completo di delfino nella valle del Rio Stramonte nel 1895.
paleontologici del Piacenziano avvenne alla fine del Settecento per merito di Giuseppe Cortesi, le cui ricerche consentirono di accumulare una notevole quantità di materiale di grande valore scientifico che finì in parte al Museo Civico di Milano ed in parte all'Università di Parma per iniziativa di Maria Luigia d'Austria (questo materiale è oggi esposto al Museo Paleontologico parmense).
Tra Sariano e Gropparello è appunto situata la stazione di rio Rosello, affluente del Vezzeno, che comprende circa un chilometro di fondovalle del rio medesimo; qui si trova un affioramento di argille marnoso - sabbiose risalenti al Pliocene inferiore nascosto da una fitta vegetazione, costituita, tra l'altro, da ontani e salici. Al greto del torrente si accede tramite una carraia che scende dall'abitato di Case Badini, raggiungibile da Sariano.